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La Domus dei Coiedii

Situata lungo il principale asse viario della città, in una zona compresa tra il Foro e il sistema del Teatro e Anfiteatro è la Domus dei Coiedii, così chiamata per il rinvenimento al suo interno di un frammento di iscrizione (esposta nel Museo Archeologico) che cita un personaggio di rango senatorio appartenete alla famiglia dei Coiedii. L’edificio presenta notevoli dimensioni (105 metri di lunghezza e 34 di larghezza), caratteri architettonici sontuosi e ampio cortile porticato alle spalle della parte abitativa. 
La Domus è il frutto di più interventi edilizi che nel corso del tempo ne hanno cambiato la struttura, le decorazioni e la planimetria. In precedenza sull’area da essa occupata esisteva un intero quartiere della città (insula) con case di piccole dimensioni, risalenti alla media e tarda età repubblicana, cioè tra il II sec a.C. e la prima metà del I sec. a.C.

Nei primi decenni del II sec. d.C., cioè in piena età imperiale, il quartiere viene risistemato radicalmente ed una di queste piccole abitazioni ingrandita verso est e verso sud a discapito delle altre rase al suolo. I loro resti si nascondono sotto i nuovi muri e pavimenti.

Il nucleo da cui ebbe origine la grande Domus è ancora visibile nel settore di ingresso, dove la disposizione delle stanze restituisce il canonico schema della casa romana di età tardo repubblicana, con la sequenza di corridoio di accesso (fauces), atrio (atrium), tablino (tablinum) e giardino (hortus). L’ingresso era affiancato da una bottega (taberna), aperta verso la strada e da una piccola camera da letto (cubiculum) che forse ospitava il custode della casa. Dall’atrio, perno della casa si accedeva alle camere da letto poste a lato.
Il nuovo edificio è incentrato sull’atrio che venne costruito nell’area precedentemente occupata dal giardino della casa più antica. Attorno a questo si sviluppa tutto il settore di rappresentanza con grandi stanze magnificamente decorate da pavimenti a mosaico e pitture sulle pareti. Fu poi costruito il grande giardino porticato, il quartiere termale con piscina centrale e il settore degli ambienti dei servizi. Questi ospitavano anche gli schiavi che si occupavano della vita e della manutenzione della casa.

Nel corso del III secolo d.C. si realizzano altri importanti interventi edilizi, come la trasformazione di un suo settore in un hospitium e la costruzione di un’aula sul fronte della facciata. Quest’ultima, forse sede di un collegium, era accessibile solamente dalla strada attraverso una scalinata.

La crisi economica che colpisce l’intera penisola, Suasa compresa, si riflette quindi sulla domus: la piscina viene riempita di detriti, i mosaici che prima erano ben curati vengono aggiustati con grossolani rattoppi e con colate di malta, alcuni ambienti vengono suddivisi in più spazi da muri precari. Già dal IV secolo d. C. il giardino della casa diventa un’area di sepoltura e di attività artigianali e dal V secolo si segnalano i primi segni di abbandono. Sopravvivono alla lenta distruzione dell’edificio gli ambienti che si affacciano sulla strada, sfruttati come ripari dai viandanti che apprestano focolari sui pavimenti, oppure come rimessaggio di materiale da costruzione. Tra gli elementi architettonici pronti per essere riutilizzati o trasformato in calce, si segnala una splendida testa di Augusto ora esposta al Museo Archeologico di Castelleone.

Il definitivo abbandono della Domus che si data alla prima metà del VI secolo, è legato al fenomeno di spopolamento dei centri di fondovalle dovuto alla guerra greco-gotica (535-553 d.C.) e alla morfologia della valle particolarmente soggetta agli allagamenti.

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